La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2014 appena conclusa, ha messo in luce tutti i grandi temi di fondo che l’intento ecumenico porta con sé, unitamente alla provocazione radicale quale è la divisione in nome dello stesso Cristo

di Rosangela Vegetti

Unità e concordia sono linee guida per il futuro

Il tema della prospettiva ecumenica delle nostre Chiese, quest’anno fortemente provocato dalla domanda dell’apostolo Paolo ai fedeli di Corinto, “E’ forse diviso il Cristo?”,  ci fa sentire indecisi tra la speranza di un futuro più chiaro e un presente ancora incerto sui nostri piccoli passi. Eppure, lo spirito ecumenico progredisce; senza fenomeni eclatanti, né evidenti trasformazioni, ma nel clima diffuso di accoglienza e di apertura al confronto. Pregare insieme, attivando ogni possibile occasione, è ciò che possiamo fare insieme senza impedimento alcuno, ha sottolineato il pastore valdese Giuseppe Platone, segretario del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, ricordando che il Consiglio da 15 anni opera nella città e promuove ogni anno la Settimana di preghiera per l’unità.

 Paradosso e scandalo è la divisione delle Chiese perché Cristo non può essere diviso, come ci ha detto il tema della Settimana accogliendo l’esortazione dell’apostolo Paolo (1Cor 1,1-17) a vivere d’accordo senza contrasti né divisioni. E’ questo un richiamo che vale particolarmente per noi oggi confrontati con la globalizzazione e l’integrazione multiculturale: non dobbiamo erigere mura intorno a noi, per giunta nel nome di Cristo, ma “creare unità nella diversità – ha detto p. Traian Valdman della Chiesa Ortodossa romena di Milano – cioè nella comunione. Siamo chiamati a vivere d’accordo a coltivare il dialogo, a superare le divisioni esistenti e ad evitare di crearne di nuove”. Insieme dobbiamo testimoniare le buona novella di salvezza. E non c’è ragione di dare spazio allo scetticismo perché l’ecumenismo si costruisce non solo nei momenti celebrativi ricorrenti, ma nella ferialità delle occasioni di incontro, di scambio di esperienze, di lavoro, di conoscenza reciproca e di diaconia.

L’obiettivo di ‘operare insieme, quanto più possibile, ai diversi livelli della vita ecclesiale’, è stato espresso dai giovani che si sono ritrovati nella chiesa metodista di via Porro Lambertenghi, da quanti hanno pregato i vespri nella chiesa greco-ortodossa di Santa Maria Podone, o condiviso un breve tempo di ascolto e preghiera ecumenica nella pausa pranzo dei giorni da lunedì a venerdi in S. Vito al Pasquirolo, ospiti della chiesa russa ortodossa, ed anche nella riflessione biblica proposta in Chiesa Cristiana Protestante.  Proprio il campo della condivisione della Parola e della preghiera insieme è lo spazio proprio di un ecumenismo che vada oltre i pochi momenti della Settimana, ma si faccia veramente fondamento della fede nell’unico Signore.

Dalla base, dunque, e dal dibattito ad alto livello quale è stato svolto nella tavola rotonda sul tema ‘Realtà e prospettive dell’ecumenismo oggi in Italia’ da don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI, dalla pastora valdese Maria Bonafede e dalla filosofa greca ortodossa Elisabetta Fimiani, presidente del Consiglio delle Chiese Cristiane della Regione Campania, ci viene la sollecitazione a perseguire con intensità il dialogo tra le Chiese, sia sul piano della carità che della conoscenza e della verità. “L’ecumenismo è una vocazione – ha detto Elisabetta Fimiani – e non è superato, ma risente della cultura ambientale, di qui la necessità che le Chiese siano unite davanti ai problemi della gente del nostro tempo”.  La richiesta è di pensare a corsi di formazione ecumenica per quanti operano nella pastorale delle Chiese, ma anche ad un Consiglio delle Chiese a livello nazionale e non solo territoriale. “Se ci riconosciamo in una Chiesa, in una comunità cristiana – ha affermato don Cristiano Bettega – non abbiamo scelta: unità e concordia sono le parole d’ordine e il programma da avere sempre in agenda. Una comunione che ci permetta di avere orizzonti ampi, di allargare la mente, gli occhi, il cuore, il cammino; una comunione sempre più universale. E non abbiamo motivi di essere scettici”.  La strada avanti a noi è dunque aperta, “cosa sarebbe la vita cristiana senza la contaminazione ecumenica?” si è chiesta la pastora Maria Bonafede auspicando che insieme si possa operare per costruire una generazione capace di acquisire i passi finora compiuti verso una maggiore comunione.  Non è l’uniformità ma la condivisione delle diverse identità che sola può costruire la comunione in Cristo.