Testo proposto dal pastore Martin Ibarra (Chiesa Battista) in occasione della Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani 2009

Credo che possiamo tutti risparmiarci un’esegesi dettagliata di questo testo di Ezechiele e affrontare di petto la vera questione che ci occupa questa sera, la preghiera per l’unità dei cristiani, e dunque il motivo per il quale il gruppo che ha preparato le liturgie e i testi della settimana quest’anno, lo abbia scelto come testo centrale. Ci interroghiamo dunque sul valore ecumenico del testo di Ezechiele. Diciamo due cose sull’esegesi del capitolo 37, inizia con la visione della valle delle ossa secche che rappresenta la condizione del popolo di Dio dopo la sconfitta e l’esilio, per loro era arrivata la fine, ma il profeta rivela loro la potenza divina racchiusa nella santa ruaj, lo Spirito che li avrebbe rimesso in piedi perché tornassero a Gerusalemme. Ora di nuovo, la parola profetica apre un nuovo capitolo della loro storia, saranno risanate le divisioni storiche avvenute dopo la morte di Salomone. Ci sarà di nuovo un solo popolo e nazione, un solo re simile a Davide e un nuovo progetto di salvezza che coinvolgerà tutte le nazioni secondo le antiche promesse della formula dell’alleanza.
Questo sembra un testo scritto per noi. C’è una parola profetica che la chiesa del terzo millennio deve ascoltare e accogliere oggi e ora. La parola profetica è semplice: prendi due bastoni e scrivi, questo primo bastone è Giuda e questo secondo è Giuseppe e le tribù loro associate, che erano divise e che ora saranno unite dalla parola del Signore. L’unità così realizzata è un dono divino, il Signore prende i figli dispersi di Israele da ogni angolo della terra e li unisce nell’antica terra, presso le rovine del tempio di Gerusalemme perché avvenga una ricostruzione del popolo uno e del tempio distrutto dai pagani. L’unità dei cristiani è ora una realtà travagliata, oggetto di fede e speranza, di preghiera, perché storicamente i figli e le figlie di Dio siamo divisi. Attenzione però, l’unità è un dono di Dio e come tale non può essere infranto dalle nostre divisioni, e dunque al di sopra di quelle circostanze storiche che ci separano, vi è l’unità nella fede della chiesa, patrimonio dello Spirito e di tutti i cristiani malgrado le divisioni. La preghiera dell’unità non è soltanto enumerare le nostre desiderata, ma è anche constatare la potenza dello Spirito che rende Una la chiesa e uni i cristiani, malgrado le distanze storicamente cristallizzate.
In secondo luogo, la valenza ecumenica del testo consiste nel suo essere una parola profetica anche per domani. Notate che il futuro domina questa parola profetica che deve essere interpretata da tutto il popolo, non sarà il profeta l’unico interprete, ma deve scrivere le parole sui bastoni che diventeranno uno nelle sue mani, egli li mostrerà a tutti perché tutti vedano, cioè capiscano che questo sarà il futuro,, perché Dio così lo vuole, e nulla di ciò che faremo per impedire questo progetto finale e definitivo di Dio, potrà fermare l’arrivo dell’alba dell’unità dei cristiani nel futuro. Ci troveremo di qua dell’unità o al di là, favorendola od ostacolandola con  i nostri sciocchi giochi di potere ecclesiastico, ma non vi è alternativa, Dio ha deciso che sarà l’unità l’ultima parola sulle nostre divisioni. Questa valenza ecumenica del testo deve ispirare la nostra prassi e la nostra teologia, deve muoverci ad agire già oggi nella logica del già ma non ancora, e dunque ci permette e consente di osare nuovi traguardi e progetti che rendano vero e profondo il grado o livello di unità già vissuto. Non è il tempo degli arretramenti, della paura a compiere gesti profetici, del ripensamento, del ritornare alle posizioni del passato che non favorivano l’unità, bensì è tempo escatologico poiché viviamo il tempo tra la parola profetica che annuncia il proposito divino e il suo compimento storico nella nostra realtà.
In terzo luogo la valenza ecumenica del testo risiede pure nella sua precarietà. Il profeta Ezechiele parla agli esuli, a quelli che hanno perso ogni speranza, a quelli che sono ancora un immenso cimitero popolato da ossa secche, tutto è rimandato, vivono l’inverno ecumenico che anche noi oggi, per diverse circostanze notiamo. Ma proprio per questo, perché ormai come esseri umani abbiamo esaurito tutte le nostre capacità e siamo nel deserto dell’impotenza del nostro essere ed agire, nell’impossibilità di fare un passo ulteriore verso l’unità dei cristiani, proprio per questo possiamo dire che è arrivato il momento della santa ruaj, dell’azione dello Spirito che realizzerà con noi o senza di noi, il progetto annunciato dalla parola del Signore. Noi abbiamo un sogno, e questo sogno ha la materia, la carne di questa parola profetica, il Signore ci radunerà, ci guiderà un solo pastore e nelle sue mani saremo una cosa sola.