Annuale appuntamento ecumenico della commissione Jpic

Preghiera nelle carceri

 

 

GLI INCONTRI DI PREGHIERA ECUMENICA NELLE CARCERI

 

PROMOSSI DAL CONSIGLIO delle CHIESE CRISTIANE di MILANO (CCCM)

 

Da molti anni a settembre il CCCM ha un importante appuntamento che spesso anticipa la prima riunione ufficiale con cui inaugura l’anno di lavoro: l’incontro ecumenico di preghiera nelle carceri del territorio di Milano.

 

Il carcere di Opera ha espressamente chiesto al CCCM di andare a visitarlo nelle prime settimane di settembre per iniziare con questo incontro di preghiera il proprio cammino spirituale con i carcerati dopo i mesi estivi e anche le carceri di Bollate e di S. Vittore si sono adeguate a questo calendario, così quest’anno il Consiglio si è recato sabato 10 settembre a Opera e prossimamente al carcere di Bollate e a S. Vittore. Queste date comportano un lavoro preparatorio molto intenso, da svolgere prima della pausa estiva; questo compito è affidato alla Commissione JPIC (Giustizia, Pace, Salvaguardia del Creato) del Consiglio che sceglie i testi biblici, le preghiere, i canti per l’incontro, i piccoli doni da portare, deve trovare i predicatori, i cori e i musicisti e stilare l’elenco delle persone che vogliono partecipare alla preghiera, perché, per entrare nelle carceri, bisogna presentare precise liste di chi entra e di cosa si porta. Questo lavoro preparatorio fa sentire le persone che lo eseguono “quasi importanti”, ma quando finalmente arriva il giorno dell’incontro, ci si accorge che non sono gli “esterni” ad essere importanti, a portare doni, ma sono i carcerati, gli “interni” ad essere veramente importanti al punto di arricchire chi li va a visitare.

 

Per spiegarmi meglio faccio la cronaca dell’incontro del 10 settembre al carcere di Opera, un carcere di massima sicurezza in cui ci sono anche mafiosi pluriomicidi condannati al 41 bis.

 

Si arriva alle 9, perché l’attesa per le formalità all’entrata è lunga, ma ci si ritrova con gioia dopo i mesi estivi; arriva il coro coreano evangelico Emmanuel (della chiesa evangelica Hanmaum associata al mondo valdese-metodista milanese) ormai abituato ad accompagnarci ad Opera; è composto da giovani coreani che studiano canto in Italia ed è abituato ad esibirsi in tanti paesi, ma sono lieti di dare la loro testimonianza di fede in questo carcere. Prima di entrare si riuniscono in preghiera e noi “occidentali” li seguiamo in silenzio, ammirati. Carichiamo poi sul loro pulmino porta strumenti tutti i nostri pacchi di doni e finalmente si entra.

 

Lunga passeggiata attraverso i vari cortili del carcere: di anno in anno si possono notare i cambiamenti, ora ci sono prati più curati con fiori e in un angolo particolarmente verde dei pergolati lignei: ci viene detto che è il punto d’incontro dei carcerati con le famiglie, specie se ci sono dei bambini. A vedere quel nuovo spazio così ben organizzato ci si allarga il cuore, è una piccola illusione di libertà, che però subito scompare appena si entra nei reparti: lunghi corridoi con cancelli che sbarrano il passo ogni poco. Suoni metallici, portoni di ferro che si chiudono alle spalle, numerosi agenti di polizia giudiziaria che ci scortano…

 

Si arriva nel teatro e, mentre il coro prepara sul palco gli strumenti, i microfoni, c’è il tempo di fare due chiacchiere con gli agenti di custodia, un po’ bruschi, ma ormai ci conoscono, siamo quei matti che parlano di Gesù e del suo amore, fanno un po’ di confusione con la musica e i canti, e che quando se ne vanno, mettono tutto in ordine e lasciano piccoli doni a chiunque incontrano.

 

Quando il coro coreano è pronto, finalmente possono entrare i veri protagonisti di questo incontro, i carcerati. Sono un buon numero, purtroppo ritroviamo volti visti anche negli anni passati, qui non ci si saluta con un “arrivederci”, ma molto semplicemente con un salve, un ciao, o meglio ancora un evangelico “la pace sia con te”.

 

Il cappellano, don Antonio, oramai un amico di vecchia data, introduce l’incontro, poi, fra canti e preghiere si arriva al brano biblico scelto per le liturgie di quest’anno, Luca 7, 36-50, Gesù a casa del fariseo Simone e la donna che unge i piedi di Gesù. La riflessione del Pastore Platone è seguita con profonda attenzione dai presenti e dopo viene quello che reputo il momento clou di questi incontri: le testimonianze dei carcerati. Nei primi anni questo momento è stato un po’ problematico, forse non era stato preparato in maniera giusta e spesso erano gli “esterni” che parlavano, ma in anni più recenti i cappellani hanno chiesto in precedenza a qualche carcerato se si sentiva di portare un suo messaggio, di come ha incontrato la fede, di cosa lo ha aiutato nella sua vita. Talora capita, come questa volta, che a una prima testimonianza “preparata in anticipo”, se ne aggiungano altre spontanee, non meno intense.

 

Questo è il momento in cui gli “esterni” ringraziano il Signore dell’opportunità che è stata loro data di fare quest’esperienza arricchente ed emozionante; la conclusione dell’incontro che ha coinciso con un momento di contatto, cioè chi voleva poteva ricevere sulla mano un’unzione con olio di nardo, a ricordo del gesto della donna rivolto a Gesù, ha dato corporeità al nostro sentimento di amicizia, di voglia di abbracciarci fra fratelli, insomma momenti di intensa commozione, di arricchimento di cui siamo grati al Signore.

 

Shalom, amici che siete rimasti là ad Opera e grazie di averci accolti.

 

Myriam Venturi