Rievocando i 20 anni dell'Assemblea ecumenica di Basilea

di Athanasios HATZOUPOLOS
Metropolita

Vorrei prima ringraziare il Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano e particolarmente Francesca Melzi per l’invito rivolto a me in occasione del XX anniversario dell’ Assemblea Europea Ecumenica di Basilea (15- 21 maggio 1989) sui temi giustizia, pace e salvaguardia  del creato, temi che negli ultimi venti anni hanno mantenuto e anzi accresciuto la loro importanza e la loro urgenza. Mi dispiace che non sono stato personalmente testimone dell’Assemblea di Basilea, perciò sono costretto a basarmi sulla bibliografia e l’esperienza ecumenica acquistata ulteriormente.

Le chiese Ortodosse, nonostante talvolta sembrino “immobili”, hanno dato un considerevole contributo al processo. In questioni di pace l’ha fatto soprattutto la Chiesa Ortodossa Russa. Le Chiese Ortodosse, in ogni modo, hanno avuto delle riserve contro la questione dell’obiezione di coscienza. La IIIa Conferenza Presinodale Panortodossa, tenuta nel 1986 a Ginevra, aveva pubblicato una Dichiarazione su “Contributo della Chiesa Ortodossa verso un consolidamento di Pace, Giustizia, Libertà, Fratellanza e Amore fra i popoli, e per l’eliminazione di pregiudizi razziali ed altri”.
In seguito, però, le Chiese Ortodosse si sono concentrate sulla questione della creazione. Con il sostegno del WCC (Consiglio Ecumenico delle Chiese) si è realizzata una serie di consulte Ortodosse.
Il processo sui temi della GPSC [Giustizia, Pace, Salvaguardia del creato], il quale cominciò formalmente a Vancouver in occasione della sesta Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ha avuto due contributi concreti dalla parte degli Ortodossi prima dell’Assemblea di Basilea.
Il primo incontro si fece in Sofia (Bulgaria), ottobre- novembre 1987. Si tratta di una consultazione inter-ortodossa, avendo come tema “Prospettive Ortodosse sull’integrità del Creato”. Le conclusioni di questa consulta furono utilizzate nella discussione ecumenica sull’integrità del creato a Granvollen (Norvegia), nel febbraio-marzo 1988.
Una seconda consulta sul tema “Prospettive Ortodosse su Giustizia e Pace” si fece a Minsk (nell’ Unione Sovietica) dal 4-12.5.1989. Quest’incontro ha contribuito a rilevare l’inter-relazione tra giustizia e pace, non solo a livello teologico ma anche riguardo al mondo odierno.
Vorrei aggiungere qualche parola sul rapporto di Granvollen (Norvegia) preparato da cristiani ortodossi, protestanti e cattolici insieme con rappresentanti di varie comunità di fede, di comunità locali, donne e giovani. Il rapporto ha preparato lo spirito di Basilea prendendo distanza da certe tendenze e teorie di contenuto teologico, scientifico, apocalittico, che riguardano la crisi ecologica e le nostre interpretazioni sul fenomeno. In particolare prende distanza dal:

1. Riduzionismo teologico, che riduce il ruolo del Vangelo solo per la salvezza personale, ignorando l’opera di Dio nel mondo;

2. Hybris (ingiuria, offesa) di carattere scientifico-tecnologico, cioè la tendenza di convincerci che la crisi ecologica sia un problema tecnico e debba essere risolto con dei metodi puramente tecnici;

3. La risposta romantica, caratterizzata da una nostalgia di un ritorno ad un modo di vita pre-tecnologico, ignorando il dinamismo della scienza e della tecnologia data da Dio come una forza da portare sotto il controllo dall’uomo e non da eliminare;

4. L’approccio neo-apocalittico, che considera la crisi ecologica come pre-annuncio della fine del mondo e non come un realtà che ci invita alla penitenza e al cambiamento di vita, la metanoia;

5. La risposta utopica, che cerca delle immagini poco realistiche di un mondo perfetto nella storia, senza riuscire a riconoscere la realtà del peccato che continuerà di minacciarci anche senza la crisi ecologica (Integrity of Creation: An Ecumenical Discussion, Granvollen, Norway, February 25-March 3, 1988, Geneva, WCC, 1988, pp. 15f.)

In genere, gli Ortodossi hanno insistito piuttosto a una riflessione teologica sul tema della GPSC concentrandosi sulla dignità della persona creata secondo l’immagine di Dio, la responsabilità personale difronte ai temi della GPSC,  l’interpretazione appropriata della Bibbia, la dimensione sacramentale del creato che viene come dono del Creatore all’umanità, il peccato e il bisogno del pentimento, il rispetto profondo difronte alla vita, la famiglia e i poveri.
Dopo Basilea, vale la pena ricordare che i rappresentanti Ortodossi alla settima Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese in Australia, Canberra (febbraio 1991) hanno sostenuto il rapporto ufficiale che ha sollecitato la continuazione del processo sui temi della GPSC nel lavoro del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Ricordo anche che l’ultimo Presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbachev aveva mostrato interesse per il documento di Basilea e il compianto Patriarca Alexey di Mosca glielo consegnò.

Conseguenze
Basilea non era mai considerata come uno scopo in sè, come la fine di un processo. Era solo una tappa sulla strada verso una comunità ecumenica dedicata alla causa della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato. Purtroppo le statistiche oggi indicano che la gente affamata nel mondo è molto più numerosa che nel 1983, quando ebbe inizio il processo GPSC, il mondo non ha smesso di soffrire di guerre e di violenza ed è molto più inquinato. La Conferenza delle Nazioni Unite per l’Ambiente e lo Sviluppo ha sottolineato che le nazioni del nord come pure l’India e la Cina non sono pronte ad agire per uno sviluppo sostenuto. La violenza e la guerra sono le conseguenze di conflitti etnici in Europa, nonostante il fatto che il documento finale di Basilea dice: “Non ci sono situazioni nei nostri paesi oppure nel nostro continente che richiedono o giustificano la violenza” (§ 61). I paesi balcani, principalmente di tradizione cristiana ortodossa, hanno sofferto di più negli ultimi anni. Questo spiega perché c’é un sentimento diffuso di scoraggiamento tra le chiese che non vedono risultati immediati. In più l’angoscia per il pane quotidiano nei paesi balcani non lascia tanta forza per un coinvolgimento più intenso ai programmi ecumenici globali. Così possiamo anche spiegare perché l’aumento dell’interesse generale per i temi di giustizia, pace e la salvaguardia del creato oggi s’incrocia con un interesse in calo riguardo al processo GPSC. Però sappiamo bene che le chiese devono rinnovare gli sforzi per unire le parole di documenti con atti concreti riguardo alla causa della GPSC. Fa parte della loro missione nel mondo.
Personalmente credo che il processo GPSC ha dato l’occasione alle chiese di produrre una analisi chiara nella luce del vangelo, ma l’azione ci manca ancora. Mi dispiace, per esempio, che l’Assemblea di Sibiù (tenuta in settembre 2007) non ha riuscito a dare una spinta rinnovatrice al processo. Sibiù ha riuscito a rinnovare le amicizie- come ha notato il mio amico Mgr Aldo Giordano in una sua intervista pubblicata nella Rivista Neue Stadt (4/2007)- ma si aspettava un rinnovamento più chiaro della visione necessaria per ispirare le chiese insieme con gli individui nel impegno per la GPSC. Mgr Aldo Giordano nella stessa intervista ha anche sottolineato che le iniziative ecumeniche e il dialogo spesso non sembrano andare avanti non a causa di problemi dogmatici, ma a causa di ostacoli culturali, giuridici e psicologici che abbiamo ricevuto dalla storia.
Certo, il processo richiede la partecipazione di rappresentanti di altre religioni. Però le nostre chiese non sono sempre pronte ad accettare facilmente il passaggio dal piano interdenominazionale al piano interreligioso. Il fatto è che le risorse delle istituzioni ecumeniche sono limitate e hanno bisogno di collaborare con tutti quelli che sono interessati al processo per poter sostenere e fare avanzare GPSC. Le istituzioni ecumeniche possono offrire sostegno, coordinamento, infrastruttura di comunicazione e qualche stimolo. Però gli ostacoli sono ancora gravi. GPSC richiede la sinergia di tutti. Il dialogo interreligioso sicuramente coinvolge gli emigranti, già nostri vicini, i quali spesso esprimono una mentalità di richieste, esigenze e lamenti contro le comunità locali. Però il processo GPSC richiede una mentalità di corresponsabilità, di iniziative condivise e di presa di rischi, non la mentalità di quanto si può guadagnare per se, di quanto si può prendere dall’altro. Per andare avanti, per costruire una comunità di solidarietà, si deve pensare a quanto e a che cosa si può dare all’altro in uno spirito di agape e di eucaristia. Anche il perseguimento dei propri interessi ha bisogno di spirito, di generosità e di visione.
La cultura del vivere per sé conduce all’egoismo nazionale, locale, regionale, all’assenza di visioni.
Vorrei sottolineare qui che i sacerdoti e i laici che si occupano degli emigranti in varie parrocchie in Grecia si sentono ricompensati quando vivono l’esperienza di una comunione umana che vince il timore di espropriazione da un mondo globalizzato, il timore davanti alla paura di perdere la propria tradizione e radice. Il sogno e la visione dei lavoratori di pace e di giustizia nel mondo sono più realisti della miopia, venduta come realismo. Le testimonianze dei lavoratori di pace che io conosco sono la fonte di speranza verso una realtà concreta di pace e giustizia.
In alcune parti del mondo il programma per la giustizia, pace e integrità del creato ha incontrato delle riserve per vari motivi, come per esempio le diverse situazioni locali e regionali e una certa sfiducia verso un programma applicato a livello universale.
La sfiducia è collegata con delle idee europee e nord-americane con una pretesa mondiale, visto che le Chiese cristiane di questi continenti vengono spesso viste come strumenti di colonialismo.
Di conseguenza, direttive sia di Ginevra sia di Basilea sono difficilmente accettate. Vari programmi sono gia falliti perché “Eurocentrici” e senza offrire una partecipazione a gente proveniente da altre parti del mondo. Un altro problema che riguarda la cooperazione tra le Chiese è l’ assimetria della procedura dell’ apprendimento e le priorità differenti nelle diverse regioni del mondo che riguardano questioni di giustizia, pace e la salvaguardia del creato.
Il XX anniversario dell’Assemblea di Basilea è una occasione di ricordare di nuovo che la pace e la giustizia nel mondo sono soggette a tante minacce e a tanti pericoli. Tuttavia i cristiani sentono che negli uomini e nelle donne giuste, che vogliono vivere sulla terra come lampade accese di speranza, c’è una potenza di pacificazione e di riconciliazione che è la speranza dell’umanità. Sono appunto questi uomini e queste donne che si lasciano lavorare dallo Spirito Santo, che dentro di loro fa crescere, a somiglianza col Figlio, secondo il piano del Padre. Sono disponibili all’ azione di Dio per realizzare la sua volontà nella loro vita. Vivono la gioia serena della loro vita di figli e figlie di Dio. Cercano la soluzione di tutti i problemi umani, piccoli e grandi, alla luce della Parola che si è rivelata in Cristo. In fine diventano modelli al mondo di come la vita dell’uomo d’oggi possa trovare il suo equilibrio nel continuo rapporto con Dio.