Comincia oggi il secondo anno di questa presidenza. Il consuntivo del primo anno l’abbiamo fatto in giugno, quando abbiamo anche presentato alcune intenzioni e proposte di lavoro che oggi poniamo alla discussione del Consiglio. 

Il primo pensiero vorrei rivolgerlo al dramma dei rifugiati e degli immigrati, alle Chiese cristiane d’Oriente e a tutti gli abitanti di quelle terre martoriate dalla guerra e dalla follia inumana. 

E’ urgente interrogarsi sul ruolo della nostra Europa e dell’Italia, e anche delle nostre chiese e comunità nei confronti di questi eventi che stanno cambiando il panorama geopolitico e religioso, con un intreccio di sofferenze, indifferenza e solidarietà. Le singole Chiese sono in prima linea nell’affrontare l’emergenza, e mi chiedo se possa esistere uno “specifico” del Consiglio; forse potremmo per lo meno mobilitarci nel far conoscere e valorizzare le “buone pratiche” che si stanno mettendo in piedi, frutto della mobilitazione di comunità in risposta a una ispirazione dello Spirito. Da questo punto di vista Expo è stata per noi una occasione preziosa e su di essa occorrerà riflettere, sia per quanto riguarda le nostre specifiche iniziative di preghiera e accoglienza, sia sulle iniziative più generali che sono nate, e nate per durare nel tempo.

Faccio subito una considerazione veloce sui nostri “Giovedì di Expo”, che avevamo definito di preghiera e accoglienza, “Canta-prega-condividi”. La mia impressione è che in generale non abbiamo preso molto sul serio l’iniziativa, se si guarda alla partecipazione nel lungo periodo (sui singoli giovedì, infatti, ci può essere una seria motivazione per l’assenza, ma è guardando all’insieme che si ha una prospettiva rivelatrice). Intendiamoci, ogni comunità ha preparato l’incontro con amore e cura, spesso anche con fantasia e apertura, utilizzando più di una lingua, con canti e  rinfresco. Ma pochi hanno avuto voglia o curiosità di fare visita alle Chiese sorelle. Come mai? Quanti hanno esposto la locandina? Quanti hanno parlato dell’iniziativa durante il culto o la messa o la liturgia? Dovremo interrogarci – e non serve un intervento su questo, è importante però che ciascuno di noi si interroghi – sulla nostra coerenza nel varare iniziative e sostenerle poi con la partecipazione e il coinvolgimento.

Ma sono tanti i temi che vorremmo toccare e su ciascuno di essi vorremmo che si entrasse nel merito delle varie proposte che ci sentiamo di avanzare, e che poi seguisse una buona rispondenza nell’assumersi qualche impegno e responsabilità. 

Innanzitutto sarà opportuno che entro l’assemblea di ottobre ciascuna Chiesa renda nota la formazione della propria delegazione, segnalando anche – con generosità – coloro che intendono lavorare nelle varie commissioni, in modo da garantire continuità e innovazione, e soprattutto una bilanciata rappresentanza delle diverse aree confessionali.

Entrando più nel merito della questione della rappresentatività e della operatività del Cnsiglio, vorremmo porre il tema delle modalità di lavoro, partendo da una domanda che può suonare impegnativa ma che crediamo sia maturo avanzare:

– siamo sicuri che dopo oltre 16 anni di vita il Cccm sia sufficientemente rappresentato dalle tre aree confessionali che tradizionalmente (e secondo Statuto) si alternano nell’Ufficio di presidenza? Di solito quando ci presentiamo in pubblico noi dettagliamo la nostra articolazione distinguendo fra Chiesa Anglicana e Chiese dell’area evangelico-protestante; nominiamo poi le Chiese antico-orientali  come distinte da quelle dell’Ortodossia.  A volte ho notato qualche accenno – molto delicato ma inequivoco – da parte di chi fa fatica ad essere omologato in un’area confessionale più ampia in cui non si riconosce pienamente.

Non sarebbe ora di avere magari una maggiore articolazione nella presidenza? Si potrebbe aggiungere una seconda vicepresidenza nella quale ad anni (o bienni) alterni si potrebbe avere un rappresentante della Confessione Anglicana e una delle Chiese antico-orientali. Sarebbe una maniera seria e importante per dare loro rappresentatività e responsabilità.

E questo ci porta al secondo punto. La disaffezione che negli ultimi anni si è manifestata in crescendo da parte di alcune Chiese sorelle. Si tratta di Chiese che hanno molto sofferto e ancora soffrono, spesso alle prese anche con problemi organizzativi e linguistici notevoli. Ma da parte nostra nulla deve essere trascurato per ravvivare la loro partecipazione, perché non c’è dubbio che ci sentiamo più poveri con la loro assenza.  Contatti con le singole Chiese sono in corso, per accertare quali sono quelle difficoltà e come possiamo affrontarle e cercare di risolverle.

Legato a questo, c’è un terzo punto, sul quale vorrei attirare la vostra attenzione. Ed è quello dello svolgimento concreto delle nostre riunioni. Da più parti e con insistenza è venuta la osservazione che la modalità risente un po’ troppo di aspetti organizzativi, di “cose da fare” (che pure non mancano), con una tendenza efficientistica che in alcuni genera ansia. Si prega troppo poco fra noi – è stato detto. Si fa troppo poco approfondimento di temi basilari che stanno alla radice del nostro stare insieme come “comunione di Chiese”. L’anno di Expo non ci ha certo aiutati, ma ora forse è il tempo di ripensare al nostro modo di essere, con sincerità e apertura.

Ora, è chiaro che anche quando si decidesse di orientarci al recupero dei fondamenti spirituali ci sarà bisogno di un minimo di organizzazione; si vive una contraddizione che è nei fatti e che ci portiamo dietro, ma penso che tutti dovremmo essere lieti di affrontare questa contraddizione se servirà a restituire smalto al nostro essere, e anche alla nostra immagine esterna.

Potremmo allora “destrutturare” e “ristrutturare” i nostri ordini del giorno, decidendo che alcune riunioni mensili vengano dedicate a predisporre i programmi che ci vedono impegnati pubblicamente (penso soprattutto alla SPUC e a Pentecoste). Altre assemblee sarebbero invece dedicate a temi più generali (non ne mancano certo, e lo vedremo più avanti).

E questo tema si collega ovviamente alla scelta del giorno della riunione. E’ possibile predisporre un calendario dell’anno che tenga conto di necessità liturgiche specifiche, dei rispettivi calendari, della opportunità di svolgere qualche volta l’assemblea in luoghi diversi e magari con un tempo più lungo, come si è fatto a maggio a Monza da padre Pompiliu? Sarebbe bello anche una volta all’anno trascorrere un intero sabato insieme in qualche luogo tranquillo…

A questo proposito, noi avremmo elaborato – per i prossimi mesi del 2015 – il seguente calendario di riunioni dell’assemblea, dopo quella di oggi:

il 13 ottobre; il 10 novembre; il 15 dicembre (Casa Armena ha detto sì). 

A partire da gennaio – se lo si deciderà – si potrà variare il giorno della riunione.

Il discorso delle rappresentanze nel Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano.

Da un anno abbiamo come “osservatori” i fratelli della Chiesa Avventista: che collocazione dare loro nel Cccm?

Ci è giunta la richiesta di adesione da parte della Chiesa ortodossa di Georgia. Sarà opportuno invitare una loro delegazione per ascoltare da loro stessi le richieste e conseguentemente deliberare.

Ma è opportuno anche prepararci per tempo alle scadenze, diciamo così, naturali per un Consiglio di Chiese.

In vista del Natale, pensiamo anche quest’anno di predisporre un messaggio? Rivolto alle nostre comunità o alla città? E dopo aver deciso sarà opportuno affidare sin da ora l’incarico a tre persone di diverse aree confessionali che ci lavorino e portino la proposta in assemblea (l’anno scorso – nonostante lo sforzo di rendere il messaggio più diretto e incisivo – la mancanza nella elaborazione iniziale della componente ortodossa ha comportato un lavoro un po’ affannato nella redazione finale).

Occorre poi lavorare sin da ora e predisporre opportune iniziative per la Giornata dell’Ebraismo e per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, non appena se ne conosceranno i temi. Ma sin da ora certamente mi sento di chiedere una ripresa delle buone pratiche di scambio di esperienze, perché è importante che le nostre diverse comunità di fede abbiano la percezione chiara dell’esistenza di modalità di espressione dell'”ecumenismo possibile” e anche di quello auspicabile. Si sollecitano perciò proposte. 

E’ importante anche conoscere i tempi entro i quali far pervenire all’Ufficio Ecumenismo l’elenco delle iniziative che il Consiglio deciderà di varare.

L’esperienza della Lettura Ecumenica della Parola – così come l’abbiamo conosciuta negli anni di San Gottardo e come si è modificata l’anno scorso con la serie “Il Pane e la Parola”- si è probabilmente esaurita. Anche perché nel frattempo la “concorrenza” – chiamiamola così – è andata aumentando. Ed è un bene che altre realtà si cimentino nell’offrire approfondimenti biblici a più voci. In attesa che anche la Commissione Pastorale ci dia il proprio orientamento, aggiungo solo che come Comitato di Presidenza abbiamo pensato che una pista interessante di approccio interconfessionale potrebbe essere la musica, presentando diverse tradizioni e accompagnando la performance con una spiegazione dell’origine e del significato di quella tradizione. Dalla LEP alla SEM, ci siamo detti, varando l’acronimo che sta per Spiritualità Ecumenica Musicale.

I temi di approfondimento non mancano certo. 

Sarà importante riflettere sul significato – teologico oltre che storico e di solidarietà – dei martiri d’oggi, cristiani ma non solo (la proposta che ci era arrivata da don Lolli, di un Santuario dei Martiri a Seveso come sapete non avrà seguito); 

il Sinodo Panortodosso fra speranza e difficoltà, fra primato e autocefalia; 

andiamo poi verso il V centenario della Riforma di Lutero e alla sua commemorazione in prospettiva comune; 

infine, le frontiere dell’ecumenismo possibile e auspicabile: quali gesti comuni possiamo e vogliamo porre? Come spiegare a un pubblico più vasto che siamo una “comunione di Chiese”? E questo al di là di qualche convegno o tavola rotonda? Insomma: come dare conto della speranza che è in noi?

Infine, abbiamo pensato di proporre al Consiglio la realizzazione di un viaggio di due-tre giorni fra fine maggio e primi di giugno (in attesa della unificazione delle date, la Pasqua occidentale nrl 2016 sarà il 27 marzo, quella ortodossa il 1° maggio).

Abbiamo pensato a una mèta raggiungibile facilmente e con una esperienza “plurale” che ci arricchisca. Il nostro nuovo segretario, Dragoslav Trifunovic, della Chiesa ortodossa di Serbia, ha suggerito Trieste, città di frontiera fra Est e Ovest, dove sono presenti diverse realtà ecclesiali (ortodosse e evangeliche, oltre che cattoliche), e dove operano anche comunità ebraiche e musulmane, antiche e recenti. Potrebbe essere davvero una occasione per stare insieme, pregare, conoscere, capire, ringraziare il Signore. 

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In conclusione, riassumo i punti su cui è opportuno che l’assemblea si esprima. Come orientamento in alcuni casi, con indicazioni più precise in altri.

– sul dramma dei profughi e migranti, cosa può fare il Consiglio senza sovrapporsi o intralciare l’azione delle singole Chiese?

– che si pensa circa l’allargamento della rappresentatività del Comitato di Presidenza?

– che si pensa circa il periodo da “osservatore” svolto dalla Chiesa Avventista?

– che pensiamo della richiesta della Chiesa ortodossa di Georgia? Invitiamo al prossimo Consiglio l’archimandrita Kirion?

– cosa pensiamo della possibilità/necessità di cambiare – almeno a volte – il giorno della riunione? vogliamo predisporre un calendario che preveda anche riunioni di diversa durata per permettere l’approfondimento di temi?

– Che si pensa di fare per Natale? Messaggio sì / messaggio no? Chi si offre per elaborare il testo?

– Ci sono proposte particolari per la Settimana di Unità dei Cristiani?

– Noi abbiamo avanzato una piccola proposta per andare avanti sulla strada del confronto ecumenico, sperimentando la strada musicale. Ci sono altre proposte? La commissione pastorale ne ha parlato?

– Quali temi generali di approfondimento possiamo privilegiare quest’anno?

– Che si pensa del viaggio a Trieste in tarda primavera?