Incontro con Paolo Ricca, Pastore evangelico, Facoltà Valdese di Teologia, Roma - letture di Mario Bertasa - all’arpa Fiorella Bonetti

Testi

F. Dostojrvskij
Il testo, che sarà introdotto da breve didascalia scritta (a cura di Nina Kauchtschischwili) per presentarne il  contesto letterario, è tratto dal capitolo intitolato Il grande inquisitore del quinto libro de I fratelli Karamazov di F. Dostoevskij.

Egli fu colto dal desiderio di manifestarsi almeno un istante al popolo, al popolo angariato, sofferente, pieno di turpi peccati, ma insieme di fanciullesco amore per Lui. L’azione del mio poema si svolge in Spagna, a Siviglia, all’epoca più tremenda dell’Inquisizione, allorché in gloria di Dio si accendevano quotidianamente, in quel paese,i roghi (…). Non fu questa, s’intende, quella discesa in cui Egli si manifesterà, secondo la Sua promessa, alla fine dei tempi, in tutta la gloria celeste, e avverrà di repente «come il lampo, che risplende da oriente fino a occidente». No. Lo aveva preso il desideriodi visitare almeno per un istante i figli Suoi, e proprio là dove stavano crepitando i roghi degli eretici. Grazie alla Sua pietà infinita, Egli passa ancora una volta fra gli uomini in quella stessa forma umana, in cui s’era aggirato fra loro per trentatre anni quindici secoli prima.. Egli scende alle «piazze infuocate» della città del Sud, nella quale al più tardi il giorno prima, in un «grandioso autodafé», a cui assistevano il re, la corte, cavalieri, cardinali e seducenti dame del seguito, ed era presente, in una folla innumerevole, l’intera Siviglia,era stato arso in blocco dal cardinale «grande inquisitore » un buon centinaio di eretici ad maiorem gloriam Dei. Egli appare in sordina, inavvertitamente, ed ecco che tutti (cosa strana!) Lo riconoscono. Questo potrebbe essere uno dei luoghi migliori del poema: dove si vedesse, cioè, in che modo propriamente Lo riconoscano. Spinto da una forza irresistibile, il popolo si protende a Lui, Lo circonda, Gli s’addensa intorno, Lo segue. In silenzio, Egli passa in mezzo con un lieve sorriso d’infinita pietà. Un sole d’amore arde nel Suo cuore, e raggi di Luce, di Sapienza e di Potenza fluiscono dai Suoi occhi, e riversandosi sugli uomini, fanno fremere d’amore, di rimando, i loro cuori. Egli tende a loro le braccia, li benedice, e dal contatto di Lui, fosse anche appena dei Suoi vestimenti, emana una forzarisanatrice.
Dalla folla ecco gridare un vecchio, cieco fin dall’infanzia: «Signore, guariscimi, cosi anch’io Ti vedrò»; ed ecco che una specie di squama scivola giù dai suoi occhi, e il cieco Lo vede. La gente piange e bacia la terra su cui Egli cammina. I bambini Gli gettano innanzi dei fiori, cantano e inneggiano a Lui: Osanna! «È Lui, è proprio Lui – ripetono tutti – deve essere Lui, non può essere altri che Lui». Egli si ferma all’ingresso della cattedrale di Siviglia nel preciso momento in cui recano al tempio, fra i pianti, una bianca, aperta cassettina di bimbo: c’è dentro una bambina di sette anni, unica figlia di un maggiorente della città. Il piccolo cadavere è tutto ricoperto di fiori. «Egli resusciterà la tua creatura», gridano dalla folla alla madre piangente. Uscito incontro al morto, il titolare della cattedrale guarda attonito e aggrotta le ciglia. Ma ecco prorompere il pianto della madre della morticina. Essa si è gettata ai piedi di Lui: «Se sei Tu, resuscita la mia creatura!» grida, tendendo a Lui le braccia. La processione si ferma, la piccola cassa viene deposta sulla scalinata ai Suoi piedi. Egli la guarda con pietà, e le Sue labbra, piano, pronunciano ancora una volta: Talithà kumi, fanciulla svegliati. La bambina si solleva nella cassa, si mette a sedere e si guarda intorno, sorridendo stupita con gli occhietti spalancati giro giro. Fra le mani ha il mazzo di rose bianche, con cui stava adagiata nella cassa. La folla tumultua: gridi, singhiozzi; quand’ecco, proprio in quello stesso istante, passar d’improvviso presso la cattedrale, per la piazza, il cardinale in persona, il grande inquisitore.
È un vecchio di quasi novanta anni, alto e diritto, col viso scarno e gli occhi incavati, dai quali tuttavia brilla ancora, come una favilla, lo sfolgorio dello sguardo. Non ha indosso i sontuosi paramenti cardinalizi in cui si pavoneggiava ieri dinanzi al popolo,mentre bruciavano i nemici della fede di Roma: no, in questo momento ha soltanto la sua vecchia, rozza tonaca di frate. Dietro, a una certa distanza, Io seguono i foschi coadiutori e servi suoi, e la «sacra» guardia. Egli si ferma di fronte alla folla, e osserva a distanza. Ha tutto veduto: ha veduto come hanno deposto la cassa ai piedi  di Lui,ha veduto come è resuscitata la fanciulla, e il viso gli s’è rabbuiato. Aggrotta le canute,folte sopracciglia, e il suo sguardo s’accende d’un fuoco pieno di rancore. Fa cenno col dito, e ordina alle guardie che Lo prendano. Ed ecco, tanta è la sua potenza e a tal segno il popolo è ormai assuefatto, sottomesso e pronto a obbedirgli, che immediatamente la folla si apre a far passar le guardie, e queste, nel mortale silenzio sopravvenuto di colpo, pongono le mani su Lui e Lo conducono via. La folla istantaneamente, come un sol uomo, si curva colle teste fino a terra dinanzi al venerando inquisitore: questi, in silenzio, benedice il popolo e passa oltre. Le guardie conducono il prigioniero all’angusta, buia prigione a volte dell’antico edificio del Sacro Tribunale, e Lo rinchiudono lì. La giornata volge alla fine, sopravviene la cupa, calda, «sivigliana notte senza respiro». L’aria «di lauro e di limone odora». Nel profondo tenebrore si apre d’improvviso la porta di ferro della prigione, e in persona il vecchio grande inquisitore, con una lampada nella mano, lentamente entra nel carcere. È solo: la porta, dietro a lui, si richiude subito. Si ferma presso la soglia e a lungo, per un minuto o due, fissa lo sguardo nel viso di Lui.
Alla fine, adagio, si avvicina, posa la lampada sul tavolo e Gli dice: «Sei Tu? sei Tu?». Ma, non ricevendo risposta, si affretta a soggiungere: «Non rispondere, taci. E che cosa mai potresti Tu dire?. So fin troppo bene, che cosa diresti. Ma Tu non hai neppure il diritto di aggiungere qualcosa a quello che già è stato detto da Te in precedenza. Perché dunque sei venuto a darci impaccio? Giacché Tu sei venuto a darci impaccio, e sei il primo a saperlo. Ma sai, di’ che cosa avverrà domani? Io non so chi Tu sia, e non voglio sapere se sei Tu o soltanto un simulacro di Lui: ma domani stesso, io ti condannerò e ti brucerò sul rogo come il peggiore degli eretici, e quello stesso popolo che oggi baciava i Tuoi piedi, domani, a un mio semplice cenno, si precipiterà ad accostare le braci al rogo Tuo: sai Tu questo? Già: Tu, forse, lo sai», soggiunge il vecchio in una intensa riflessione, senza staccare un istante lo sguardo dal suo Prigioniero.

Marco 14, 1-11
Mancavano due giorni alla Pasqua e alla festa degli Azzimi; i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di prendere Gesú con inganno e ucciderlo; infatti dicevano: «Non durante la festa, perché non vi sia qualche tumulto di popolo».
Gesú era a Betania, in casa di Simone il lebbroso; mentre egli era a tavola entrò una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d’olio profumato, di nardo puro, di gran valore; rottol’alabastro, gli versò l’olio sul capo. Alcuni, indignatisi, dicevano tra di loro: «Perché si è fatto questo spreco d’olio? Si poteva vendere quest’olio per piú di trecento denari, e darli ai poveri». Ed erano irritati contro di lei. Ma Gesú disse: «Lasciatela stare! Perché le date noia? Ha fatto un’azione buona verso di me. Poiché i poveri li avete sempre con voi: quando volete, potete far loro del bene; ma me non mi avete per sempre. Lei ha fatto ciò che poteva; ha anticipato l’unzione del mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà raccontato, in memoria di lei». Giuda Iscariota, uno dei dodici, andò dai capi dei sacerdoti con lo scopo di consegnar loroGesú. Essi, dopo averlo ascoltato, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Perciò egli cercava il modo opportuno per consegnarlo.

Svolgimento

Culto ecumenico di sabato 1 marzo 2008

· ♫ Preludio musicale di arpa
· Saluto liturgico
· Introduzione all’incontro e presentazione del testo letterario
· Lettura da: F. Dostoevskij, I Fratelli Karamazov
· ♫ Interludio musicale di arpa
· Preghiera
· Breve introduzione al testo biblico
· Lettura del testo biblico: Marco 14, 1-11
· Annuncio (predicazione di Paolo Ricca)
· ♫ Silenzio e sottofondo musicale di arpa

· Salmo
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha manifestato la sua salvezza
agli occhi dei popoli,
ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa di Israele.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la salvezza del nostro Dio.
Acclami al Signore tutta la terra,
gridate, esultate con canti di gioia.
Cantate inni al Signore con l’arpa,
con l’arpa e con suono melodioso;

con la tromba e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.
Cantate inni al Signore con l’arpa,   ♫
con l’arpa e con suono melodioso.
Frema il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene,
che viene a giudicare la terra.
Giudicherà il mondo con giustizia e
i popoli con rettitudine.
Cantate inni al Signore con l’arpa,   ♫
con l’arpa e con suono melodioso.

· Introduzione a liberi interventi
· Interventi – domande – dialogo
· Intercessione e preghiera

· Padre nostro  (versione interconfessionale)
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo Regno,
sia fatta la tua volontà
come in cielo anche in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non indurci in tentazione
ma liberaci dal male.
Tuo è il Regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli
Amen.

· Congedo

Presiedono: Paolo Ricca (Ospite per la predicazione),
Eliana Briante (CCCM), Gianfranco Bottoni (Rettoria).
All’arpa: Fiorella Bonetti  – Letture di: Mario Bertasa