Un breve e intenso contatto con le sorelle della fraternità monacale ecumenica di Bose a Civitella; una immersione nel dolore e nella speranza che si respirano nella “scuola di italiano” per profughi della Comunità di Sant’Egidio a Trastevere; un ricco aggiornamento sullo stato delle relazioni ecumeniche della Chiesa cattolica al Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, in via della Conciliazione, a due passi da San Pietro. 

Queste le tappe di una due-giorni (20-21 marzo) a Roma che un gruppo di membri del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, guidato dal comitato di presidenza (il pastore valdese Giuseppe Platone, l’archimandrita russo ortodosso padre Ambrogio Makar, il cattolico Francesco Castelli), con la collaborazione organizzativa dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della Cura ambrosiana. Il viaggio completa un giro di orizzonte ecumenico iniziato l’anno scorso con una due giorni a Ginevra-Bossey, al Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Sei sorelle di Bose e cinque benedettine vivono a Civitella, sperimentando una convivenza di regole simili ma diverse, alternando lavoro e preghiera, nell’ascolto della Parola. Partecipiamo alla preghiera di mezzogiorno, insieme a un gruppetto di monaci anglicani (un esperimento per quella Chiesa). “Voi chi dite che io sia?”, chiede Gesù nel brano del Vangelo che viene letto. Dietrich Bonhoeffer ricorda che è lo Spirito che fa entrare Cristo nel cuore umano. 

Pranzo e approfondimento con una monaca seduta ad ogni tavolo; quindi la partenza, troppo rapida, con già un po’ di nostalgia per una vita che prefigura comunione autentica.

Roma, alla Comunità di Sant’Egidio l’incontro con i rifugiati e i profughi, quelli di “vecchia data” (Dawood Yousefi, che ha lasciato l’Afganistan anni fa “perché non volevo essere ucciso e non volevo uccidere”) e quelli dei “corridoi umanitari” (“arrivare in questa comunità è come entrare nel Regno di Dio”, dice una giovane donna siriana). Un filmato per introdurci alla nuova frontiera degli ingressi legali attraverso quei corridoi che adesso Francia e forse Spagna vogliono imitare, allargando le maglie della speranza contro le politiche della paura e dell’esclusione.

Le classi di “lingua e cultura italiana” preparano i nuovi cittadini di domani, gente spesso con una professionalità o almeno un mestiere, che appena capace di comunicare nella nostra lingua (ne parlano già almeno altre due di lingue) e appena avrà imparato a leggere e capire un contratto di lavoro piuttosto che la Costituzione, potrà camminare sulle proprie gambe. Un lavoro serio, costante, pieno di rispetto e di amore, ma anche giustamente esigente. Un lavoro non pagato e per il quale i destinatari non pagano nulla. Siamo nel reame della gratuità, del volontariato, della solidarietà.

Una breve visita allo storico edificio della Comunità nel quale si svolsero – per due anni e mezzo! – le trattative di pace fra governo del Mozambico e guerriglia (Frelimo e Renamo). Incrociamo un gruppo di africani: ora è in corso una trattativa per il Centrafrica, di cui la visita di papa Francesco per l’apertura dell’Anno della Misericordia è stata una tappa importante.

Poi la preghiera serale nella affollata chiesa di Santa Maria in Trastevere (presenti alcuni musulmani) e la cena nel ristorante della Comunità, la Trattoria de Gli Amici, serviti a tavola da abilissimi disabili in veste di camerieri.

Terza tappa, in Vaticano, negli uffici dove si svolgono incontri bilaterali e multilaterali con Chiese sorelle cristiane d’Oriente e di Occidente, osservatorio attento di tutto ciò che si muove in campo ecumenico, nel difficile e entusiasmante cammino comune verso una unità più autentica, unità nella diversità, senza sogni o impossibili ritorni a una “età dell’oro”, ma per una risposta all’altezza dei tempi alla invocazione di Gesù Cristo “Perché siano una cosa sola”.

Monsignor Brian Farrell è segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e anche vicesegretario della Commissione per le relazioni religiose con gli Ebrei. Da lui riceviamo una fresca e esauriente fotografia del lavoro svolto e delle linee di sviluppo futuro che il Vescovo di Roma, papa Francesco sta tracciando. Tre le piste: mantenere vivo il desiderio di unità, di ecumenismo, anche in un momento storico in cui sembrano prevalere le tendenze identitarie; continuare il dialogo teologico che ha già dato tanti buoni frutti; a livello culturale, contrastare la tendenza alla semplificazione e alle emozioni e puntare alla trasmissione della fede in modo sostanziale. Due suoi collaboratori completano il quadro, da una parte con approfondimenti circa il cammino compiuto (e da compiere) in compagnia delle Chiese ortodosse, non trascurando il nodo del Primato; e dall’altra con una zoomata sulla galassia pentecostale e carismatica, nuova sfida per tutte le Chiese storiche.