Giovanni 12, 20-27

"Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c`erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù".  Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose: "E` giunta l`ora che sia glorificato il Figlio dell`uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l`anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest`ora? Ma per questo sono giunto a quest`ora! "

Svolgimento

Gesù è da poco entrato a Gerusalemme. Il suo è stato un ingresso trionfale, la folla lo ha seguito acclamandolo. Tuttavia, l’apice del successo coincide con l’inizio della caduta nel precipizio del tradimento, della cattura e dell’ingratitudine di quella stessa folla che lo ha accolto con un tripudio.

Un uomo descriverebbe questo processo con l’immagine della parabola: dopo l’iniziale fase di successo subentra l’inevitabile declino. Il messaggio che Gesù porta con sé rivoluziona questo schema: nelle parole che fa riferire ai Greci, Egli dice che il figlio dell’uomo è da glorificare proprio nel momento in cui sta per cominciare la sua passione.

La grandezza di questo paradosso è illustrata, in modo non casuale, a dei greci. La parabola del seme che morendo porta dei frutti è molto ricorrente nel pensiero greco. Secondo i greci, gli uomini sono inestricabilmente legati alla terra: da questa proviene il seme che serve a fare il pane, alimento dei mortali (brotoi) per eccellenza e in questa ritornano gli uomini al momento della morte. Questa concezioneciclica, dell’uomo che trae sostentamento dalla terra per ritornarci al termine della sua vita diventando “seme” per gli uomini che verranno dopo di lui, serviva a spiegare l’alternanza tanto delle stagioni quanto delle generazioni. Radicalmente diverso era invece il mondo abitato dagli dei greci. Questi infatti erano immortali (ambrotoi) e non si nutrivano del frutto della terra, il pane, ma dell’ambrosia (che non a caso è caso contiene la radice dell’”immortalità”), cibo irraggiungibile per gli esseri umani. I due universi, quello divino e quello umano, sono per i greci opposti e inconciliabili.

Gesù sconvolge questa dicotomia: il figlio di Dio si fa uomo e sceglie di subire fino in fondo la durezza della condizione umana. Sceglie di farsi chicco di granoche, morendo, porta numerosi frutti. Con il suo sacrificio, ci esorta a seguire il suo esempio. “Chi ama la vita la perde, chi la odia, otterrà la vita eterna”. Questo monito, di tutta prima difficile da accettare, va inteso alla luce dell’affermazione con cui Gesù apre il suo discorso: “è giunta l’ora in cui il figlio dell’uomo sia glorificato”. L’uomo deve abbandonare ogni velleità autocelebrativa e glorificare il figlio di Dio. Una vita vissuta concentrandosi sui propri meriti e i propri successi è effimera e insignificante. Solo rinunciando alle tentazioni e agli idoli della vita terrena di può raggiungere la vita eterna. La vita va vissuta in funzione e al servizio di Gesù, nella perenne tensione verso l’adempimento della sua volontà.

Avvicinandoci alla Pasqua, chiediamo al Signore di aiutarci a ricordare la gratuità e la generosità del figlio di Dio che, fattosi uomo, è venuto sulla terra per dare all’essere umano una speranza di salvezza e per mostrargli la via verso la vita eterna.

Amen.